In un certo senso è il “Kyle Hines Game”, la partita che permetterà al centro dell’Olimpia di ritornare sul luogo in cui è stato protagonista, due anni e due titoli europei, vinti a sorpresa, il primo a Istanbul e il secondo a Londra. Eravamo nel 2012 e nel 2013. Il leader della squadra era Vassilis Spanoulis, Georgios Printezis era l’altra figura iconica della squadra rossa del Pireo, poi Kostas Sloukas e Kostas Papanikolau, che sono andati via e tornati. Hines li ritroverà tutti, come Georgios Bartzokas, l’allenatore che era sulla panchina dell’Olympiacos a Londra. L’anno prima invece c’era Dusan Ivkovic, lo stesso che guidò la squadra al titolo a Roma nel 1997. “E’ stata un’esperienza fantastica – dice Hines -. Ero giovane, avevo appena 24 anni, non capivo bene cosa stesse succedendo. Sembra passata una vita. Ma quella era una squadra che nessuno pensava potesse fare tanto, non c’era tanta gente disposta a credere in noi, ci paragonavano ad una squadra di college. Eravamo un gruppo di giocatori non ancora affermati, che dovevano dimostrare tutto. L’unica eccezione era Spanoulis. Ma per noi è stato un vantaggio, perché ci ha permesso di crescere tutti assieme. Fuori dal gruppo, nessuno credeva davvero in noi. Qualcosa doveva scattare, ma doveva succedere all’interno di noi”.

Hines lasciò l’Olympiacos nell’estate del 2013, per vincere l’EuroLeague altre due volte a Mosca. Da allora, ha giocato contro la sua ex squadra 13 volte con nove vinte e quattro perse. Al Pireo, ha giocato contro sei volte con 3-3 di record. Ma nel 2017, il CSKA perse con l’Olympiacos la semifinale di EuroLeague. Hines ha segnato 122 punti in 13 gare contro i suoi ex. Due anni fa ne fece 15 con 7/8al tiro portando la sua squadra al successo. L’anno passato in un’altra vittoria, ma a Mosca, segnò 19 punti. “Ci sono stati ostacoli, momenti difficili – racconta dei suoi anni al Pireo – ma alla fine ci hanno permesso di maturare come gruppo. Questo ci ha consentito di raggiungere i traguardi che abbiamo raggiunto. Eravamo una famiglia, si era creata un’atmosfera familiare. Consideravo i miei compagni dei miei fratelli. Ad esempio, Spanoulis sapeva che il periodo delle feste era il più duro per me, così la moglie preparava la Moussaka e io andavo a casa sua. Condividevamo tutto, le nostre esperienze erano comuni, non c’è tanta gente che può raccontare questo. All’Olympiacos mi hanno un po’ viziato. Nelle prime due vere stagioni di EuroLeague, abbiamo vinto due titoli. Ho pensato fosse facile, che quello era quanto sarebbe successo sempre. Ma in realtà quello che mi ha dato è stata la percezione esatta di cosa serva per essere un vero campione. E quel senso di intima gratificazione che ti pervade quando vinci. Vassilis Spanoulis e Georgios Printezis li vedo ancora oggi, li considero tuttora dei fratelli, così Pero Antic, Papanikolau, Acie Law e Joey Dorsey. Siamo ancora in contatto, perché siamo uniti da quell’esperienza. Non importa cosa accadrà, soprattutto fuori del campo, condivideremo sempre quello che abbiamo conquistato insieme, perché pochi ce l’hanno fatta. Noi sì, e l’abbiamo fatto insieme. Quel tipo di unione resterà sempre tra i membri di quella squadra”.

La trasferta ad Atene dell’Olimpia è stata diversa dal solito: la squadra si è imbarcata per Atene direttamente mercoledì mattina, per raggiungerla all’ora di pranzo. La preparazione della gara è avvenuta tutta a Milano. Dopodiché, a causa di uno sciopero proclamato dalla mezzanotte di domani, ha dovuto anticipare la palla a due per finire prima e lasciare la Grecia prima che gli aeroporti chiudano. Anche perché meno di 48 ore dopo ci sarà la battaglia del Mediolanum Forum contro il Real Madrid. La toccata e fuga sul Pireo è una partita speciale anche per il general manager Christos Stavropoulos, che era con Hines durante quelle storiche vittorie di inizio decennio scorso, e in qualche modo per Zach LeDay. Come dice Coach Messina, l’Olympiacos gioca da molti anni con le stesse caratteristiche e fedele a sé stesso ha cercato giocatori alla Hines ogni volta che ha potuto. Uno di questi è stato Zach LeDay. Oggi c’è Hassan Adams con quel tipo di tratto. LeDay ha giocato al Pireo l’anno scorso, a inizio stagione, senza grande fortuna.

L’Olimpia qui ha avuto un paio di guizzi: nel 2014 vinse con una tripla risolutiva di Keith Langford, una bomba praticamente frontale che chiuse la partita; nel 2018 a inizio stagione fu una grande prova di Mike James a trascinare la squadra al successo. Il bilancio, migliore nelle partite casalinghe, resta favorevole all’Olympiacos, altro club costretto a giocare queste partite a porte chiuse, tra l’altro in un impianto molto grande non solo nelle tribune ma anche nel recinto di gioco.

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